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Ma questa è fantascienza!

lunedì 27 settembre 2004, di Matteo Cafiero

Un tentativo di definizione e qualche trucco del mestiere su una letteratura che ha la forma delle nostre ansie e speranze e interroga il nostro rapporto con la tecnica e il sapere.

La fantascienza è uno dei generi narrativi più controversi. Genere controverso perché si pone come meccanismo parassitario nei confronti di altri generi. Dare una definizione di fantascienza significa anzitutto trovare un minimo comune denominatore alle invasioni spaziali, alle storie di alieni, alle avventure in mondi paralleli e alle miriadi di filoni e sottofiloni che si sono sviluppati dall’Ottocento fino ad oggi.
La fantascienza è anche uno dei generi più rischiosi per lo scrittore. Con il poliziesco e l’horror ha prodotto la più grande quantità di letteratura seriale della storia. Valanghe di astronauti, di robot e di creature aliene hanno invaso l’immaginario del pubblico di ogni latitudine. Non esistevano limiti alle potenzialità espressive di un genere che si nutriva degli stereotipi dei generi precedenti e limitrofi. Dopotutto erano storie d’amore tra strane creature dalla pelle squamosa, ma erano pur sempre storie d’amore. Oppure erano viaggi d’avventure, rivisitazioni dell’Odissea, ma al posto di una nave di legno, si andava a bordo di un’astronave.
La fantascienza è un genere rischioso perché per essere davvero innovativo deve fare i conti con la realtà e con i progressi scientifici, superare i limiti di storie ingenue e banali. I racconti fantascientifici devono stare più attenti di altri al concetto di verosimiglianza.
La fantascienza può creare un mondo con regole fisiche e sociali completamente distanti dalle nostre, ma una volta che le ha stabilite, deve rispettarle con un rigore e con una meticolosità che in altri generi non sarebbero richiesti. Non si può tirare troppo la corda del lettore e della sua fiducia nel mondo che creiamo.

La fantascienza è la letteratura del ‘se’: che cosa faremmo se potessimo viaggiare nel tempo? Che cosa accadrebbe se potessimo vivere su altri mondi? E così via. La differenza con il fantastico è il grado di speculazioni che si possono costruire intorno a queste ipotesi.
La fantascienza cerca sempre di fornire una

spiegazione logica e razionale per le sue speculazioni. Si tratta del principio di coerenza interna. Se l’autore ha sviluppato una teoria parascientifica per spiegare il funzionamento della magia, allora il racconto rientra nel genere della fantascienza, perché restringe il concetto di magia.
La fantascienza si pone come una prospettiva alternativa al mondo reale e alle sue potenzialità, rischiando più volte di sconfinare nell’apologo morale, perché pretende di lanciare messaggi alla popolazione. Questi messaggi possono essere di natura ottimista o pessimista. ‘La tecnologia offrirà tutti gli strumenti alla razza umana nella ricerca della felicità’, oppure ‘Se continuerà così ci saranno terribili conseguenze e la razza umana sarà sterminata del tutto’.
La fantascienza nata nell’epoca della Rivoluzione Industriale e sviluppata in dosi massicce sulle riviste popolari negli anni venti e trenta, parla del rapporto tra l’uomo e la tecnologia.

La fantascienza viene suddivisa in hard e soft. Hard sono gli autori che si sforzano di mostrare accuratezza scientifica, mentre soft sono quelli che non badano troppo agli aspetti tecnici. In generale qualsiasi cosa può essere inventata, purché appaia scientificamente verosimile. Concetti come l’iperspazio o la trasmissione della materia non hanno una base scientifica rigorosa, ma sono nozioni condivise dalla fantascienza, perché non è così improbabile che un giorno la scienza e la tecnologia possano raggiungere traguardi del genere. Rimanete fedeli alle leggi note, e ritagliatevi uno spazio di invenzione. La teoria della relatività ad esempio insegna che se un corpo viaggia ad un’elevata velocità, il tempo subisce un rallentamento in relazione al resto dell’universo. Questo effetto può scatenare migliaia di ipotesi suggestive e tutte originali. È difficile immaginare un’idea più grandiosa e più tipica della fantascienza.

I contesti

La fantascienza, più di qualsiasi altro genere, è influenzata dai concetti di mutamento e di evoluzione. Sia che racconti di viaggi in mondi lontani nel tempo e nello spazio, sia che racconti le storie di mostri dagli occhi di insetto, il suo frisson è lo stupore per la novità e per l’imprevedibile. A differenza del poliziesco, la fantascienza non si preoccupa di ristabilire l’ordine e di rimuovere dalla società gli elementi di pericolo, ma opera nella sovversione sistematica di ogni equilibrio. Perciò, nonostante esistano diverse famiglie nella fantascienza, tutte hanno in comune una qualche forma di alterità. È possibile suddividere il campo in quattro grandi categorie:

1. Altre Epoche
2. Altri Mondi
3. Altre forme di vita
4. Altri stati mentali

Nella categoria ‘Altre epoche’ rientrano sia il futuro che il passato. Per quanto riguarda il passato, la SF risponde alle domande: ‘che cosa accadrebbe se un uomo potesse viaggiare nel tempo e uccidere i genitori prima ancora di nascere?’ oppure ‘se il crononauta assassinasse Hitler o Napoleone alterando il corso della storia?’. I futuri ipotetici invece coprono un vasto campo che va dalle utopie, i migliori dei mondi possibili, alle distopie, i peggiori tra i mondi possibili.
La categoria ‘Altri Mondi’ ha riguardato vari sottofiloni che si sono esauriti con le scoperte astronomiche e tecnologiche: viaggi in ogni angolo della Terra, viaggi nei mondi subatomici, in cui gli atomi erano rappresentati come sistemi solari in miniatura, viaggi nel corpo umano, viaggi nei pianeti del sistema solare. Ma di quante galassie è composto l’universo prima che il filone si consumi del tutto? Filone che invece lascia maggiori libertà è il viaggio nei mondi paralleli, quelli che si trovano in altre dimensioni, parallele alla Terra. Sono mondi che sono sempre descritti in relazione al nostro. Possono essere mondi peggiori o migliori del nostro, oppure possono differire di una minima variazione dal nostro. Cosa sarebbe accaduto se Hitler avesse vinto la seconda guerra mondiale?


La terza categoria, ‘Altre Forme di Vita’, costituisce l’aspetto più introverso della SF. Le altre creature possono rispecchiare noi stessi. Sono tre i tipi principali di forme di vita alternative: esseri umani ‘modificati’, ‘artificiali’ e creature aliene.
Del primo tipo sono i vari mutanti, deformi e subumani oppure soggetti con straordinari poteri fisici e mentali, quasi sempre per colpa degli effetti radioattivi. Mentre i mondi paralleli rappresentano gli effetti devastanti della scienza su scala planetaria, i mutanti spesso sono l’incarnazione di tutto ciò che la scienza può farci di male. La fantascienza ci racconta come la tecnologia dopo averci fatto viaggiare fino alla luna, ora voglia riportarci alla nostra natura primitiva. Oppure i mutanti possono essere il gradino successivo dell’evoluzione. I mutanti sono quei personaggi che ci spaventano perché rappresentano la razza che prenderà il nostro posto sulla terra.
Gli essere umani ‘artificiali’ sono uno dei cavalli di battaglia della SF, spesso nella forma più comune del robot. I robot e gli androidi si presentano sia come servitori dell’uomo e sia come creature che mettono in discussione il nostro concetto di identità. Da qui derivano i vari cyborg e x-men. Ibridi tra uomo e macchina che possono costituire dei perfetti antagonisti, sia trasgredendo ai loro programmatori, sia obbedendo ad un cieco determinismo.
E così arriviamo alla terza tipologia, gli alieni. È la categoria più lampante di tutto ciò che è diametralmente opposto a noi. Ancora una volta, personaggi del genere costituiscono una minaccia non tanto per il lettore, ma proprio per lo scrittore. Chi è l’alieno, come è fatto, di che cosa è fatto, come respira, di cosa si nutre, sono tutte domande a cui bisogna dare una risposta almeno in fase di caratterizzazione. Inoltre, bisogna rispondere alla domanda più difficile. Quanti ne abbiamo visti, di alieni? Nonostante questo, gli alieni esercitano ancora una forza potentissima nell’immaginario del pubblico e quindi difficilmente diventerà un filone in estinzione. La soluzione migliore prevista da una serie di successo come X-Files è di farlo immaginare al pubblico stesso, dando quei pochi ma significativi indizi per farglielo creare con maggiore verosimiglianza. L’alieno è uno di quegli elementi che avvicina la fantascienza all’horror e, come i mostri horror, niente ci turba di più di qualcosa che non possiamo vedere ma che dobbiamo soltanto costruirci nella nostra coscienza, attingendo alle paure più recondite. Se si vogliono raccontare alieni amichevoli, invece, la fantascienza ha usato uno degli stilemi più antichi del racconto fantastico, travestirli da animali domestici, buffi e divertenti. Ricordate i Gremlins?
L’ultima categoria è gli ‘Altri Stati Mentali’. Con questi racconti si può stimolare - e di molto - l’immaginazione del pubblico. Niente coinvolge l’uomo più dell’uomo stesso. Quali sono i nostri confini, quali sono le nostre percezioni, quali sono le nostre possibilità mentali ed extrasensoriali? Rispetto ai viaggi nello spazio, questo tipo di storie attrae un pubblico non solo settoriale, ma che sconfina in altri ambiti. Personaggi dai poteri paranormali, personaggi dotati di telepatia o di precognizioni, offrono una gamma illimitata agli scrittori. Questi personaggi possono spostare oggetti e pensieri da una parte all’altra del pianeta, da una parte all’altra delle dimensioni sensoriali ed extrasensoriali. Naturalmente sono personaggi che possono aiutare o minacciare la razza umana. È lo spazio interno di

Ballard, è tutto ciò che mette in relazione la nostra psicologia con il mondo esterno ed è tutto quanto la società contemporanea può scatenare nella nostra mente. Spesso con effetti devastanti.
Questa generica suddivisione offre comunque una utile gamma dei temi più diffusi.

I personaggi

Per i personaggi, proponiamo un’altra sintetica classificazione, che riguarda soprattutto quelli che vivono in contesti prossimi alla catastrofe, ambientale, tecnologica o psicologica.

1. Il protagonista è spesso un testimone, una vittima innocente di un incidente tecnologico o di un fenomeno proveniente da un altro mondo.
2. L’esistenza delle relazioni sociali aumenta la speranza alla luce della lotta che deve ingaggiare con mostri inimmaginabili.
3. L’antagonista può essere uno scienziato o un prodotto della scienza o della natura. La grandezza scalare dell’antagonista è tale che ricorda costantemente al protagonista le sue debolezze e soprattutto la sua mortalità.
4. L’esito della storia è spesso più aperto alla speranza, rispetto all’horror o al noir.
5. L’ambientazione può essere urbana o rurale, sul nostro pianeta o in un altro mondo. Comunque è un luogo ospitale per l’antagonista. E di conseguenza inospitale e ostile per il protagonista.
6. La linea narrativa è incentrata sull’azione e su quanto l’azione minacci il protagonista e l’ordine cosmico a cui appartiene.

Gli stereotipi

E ora veniamo ai cliché, ai luoghi comuni e alle soluzioni più facili. Nella fantascienza il rischio di stereotipi, se possibile, si moltiplica rispetto agli altri generi. Proviamo a stilarne un breve elenco:
1. Un pianeta chiamato Arret. Alcuni esploratori sbarcano su un pianeta che alla fine si rivela essere la Terra. Lo scrittore ha solo scritto il nome al contrario. Ma lo stereotipo sembra non stancare mai lo scrittore di cliché: può chiamare la Terra in un qualche dialetto dell’emisfero austro-boreale oppure riformulando il suo nome con Soltre (terzo pianeta dal sole, capito?).
2. Adamo ed Eva. Un uomo vaga attraverso uno scenario di devastazione, perché si tratta dell’unico sopravvissuto dopo una guerra nucleare. Finché non trova una donna, nascosta tra le macerie. I due si innamorano e danno vita di nuovo alla razza umana... che originalità!
3. Civiltà scomparse. Sono tutti quei racconti che usano dubbie nozioni di storia e mitologia con un restyling tecnologico. Di solito si spiega l’origine della civiltà egizia grazie all’intervento di alieni di pianeti lontani, oppure si narra che Atlantide fu spazzata via da una guerra termonucleare o che Stonehenge non è altro che un sofisticatissimo computer, in grado di elaborare informazioni che ci trasmettono le stelle.
In generale sarebbe meglio evitate come la morte ogni accenno a civiltà misteriose o scomparse, perché si finisce quasi sempre per scrivere banalità. Evitare le banalità si può, attraverso un lavoro di ricerca lungo e meticoloso. Sempre meglio non cercare conferme delle proprie tesi barocche tra le bancarelle intorno alla stazione, non accontentarsi delle prime soluzioni paradossali che si trovano. Anche perché quelle tesi sono più diffuse di quanto ci si renda conto.
Ci sono tantissime altre variazioni tecnologiche di favole antiche. Computer impazziti che uccidono il loro creatore, l’essere umano che scopre di essere un alieno o un androide, lo scienziato pazzo che costruisce il raggio della morte con i pezzi della sua vecchia radio, e così via.
Ciò non toglie che questi cliché costituiscano delle vere sfide per chi scrive. L’importante è non fermarsi alla prima ‘trovata’, perché bisogna rendersi conto che nella fantascienza è stato inventato un po’ di tutto.

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