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Un’emergenza (dis)informativa: a chi non credere sul Venezuela
Omero Ciai, su la Repubblica
sabato 13 maggio 2006, di ,
Secondo un recente sondaggio commissionato dalla redazione di questo sito alla redazione di questo sito e svolto su un campione di 7 persone, il 71,4% dei lettori di Sguardomobile leggono la Repubblica almeno una volta la settimana, il 14,3% ?® abbonato e il resto ogni tanto ci scrive. Se la Repubblica fa disinformazione sulla politica italiana, poco male. Ognuno ha i suoi propri occhi, le sue proprie orecchie e le sue fonti alternative. Lo stesso se si sbaglia sull’orario di Music Farm.
Ma se scrive che in Britannia è stato infranto il primato per la più lunga grondaia in alluminio, uno ci crede e non va a verificare. Se quell’uno stava accumulando materiale in garage, ma ha coscienza che non ce la farà ad arrivare a 478 metri, allora si guarda allo specchio, si mette l’anima in pace, e rivende tutto al rigattiere. Perchè un prestigioso quotidiano nazionale dovrebbe inventarsi notizie di sana pianta su qualcosa che apparentemente non tocca i suoi equilibri di potere? Un altro dirà Poco male, io le grondaie non me le filo. Vero.
Ma se la disinformazione ?® fatta sulla politica latinoamericana? Quante altre fonti abbiamo, noi poco accorti di politica internazionale, se non i comuni organi di informazione?
Se al Tg2 compare un cardinale che in accordo con l’intervistatore fa passare la visita del presidente venezuelano Hugo Ch?°vez a Benedetto XVI come una prova durissima per la Chiesa, una sorta di faccia a faccia col male assoluto (?® accaduto mercoled?¨ 10 maggio), uno sa con chi ha a che fare. Il Tg2, appunto. Ma se ?® l’inviato de la Repubblica Omero Ciai (gi?† corrispondente estero de l’Unit?†), a scrivere che Ch?°vez ?®:
¬´meglio noto come “vice Fidel”, nel senso di Castro, nuovo leader della “sinistra militarista” latinoamericana contrapposta a quella pi?? moderata e moderna di Lula e Bachelet¬ª
uno magari distrattamente gli crede anche (anche se proprio su Cuba, nel 2003 e nel 2004 lo stesso Ciai ha scritto cose che hanno suscitato reazioni come questa o questa). Poi si legge il blog di Gennaro Carotenuto che dice che a nessuno ?® mai saltato in mente di chiamare Ch?°vez il vice-fidel, e allora non sa pi?? cosa pensare. Carotenuto invita a verificare su Google, e uno che vuole vederci pi?? chiaro diligentemente lo fa. Va a finire che scopre che il risultato delle occorrenze dei termini “vice-fidel” e “Ch?°vez” ?® uguale non a 147.000 ma a zero (schiacciare qui per verificare). Zero. Quell’uno allora decide a chi credere.
Le conclusioni sono due. Primo: Ch?°vez ?® meglio noto come vice-fidel tra gli amici di Omero Ciai. Secondo: noi gli amici li scegliamo altrove.
Sia chiaro, la Repubblica non guida alcuna campagna denigratoria. Semplicemente, si allinea. A buona parte della grande stampa mondiale, che da qualche anno non lesina colpi bassi per criminalizzare i principali rappresentanti del progressismo latinoamericano pi?? radicale. La distorsione forse pi?? odiosa, qualcuno ricorder?†, fu quando tutti i pezzi da novanta dell’informazione fecero passare Ch?°vez per antisemita mettendogli in bocca frasi mai pronunciate (e a poco naturalmente valsero le smentite del diretto interessato o della CAIV, la confederazione che unisce le associazioni ebraiche venezuelane).
Gi?† nel 1999 Ignacio Ramonez, dalle pagine de Le Monde Diplomatique, a proposito delle accuse a Ch?°vez di “giacobinismo autoritario” lanciate fra gli altri da The New York Times (il quasi equivalente statunitense del quotidiano romano), si interrogava cos?¨: “come possono reagire i protagonisti della globalizzazione, se non demonizzando il comandante Ch?°vez e la sua rivoluzione antiliberista?”
Visto l’esito del nostro sondaggio, non sar?† inutile riproporre, del commento di Carotenuto all’articolo di Ciai, la parte che risponde all’etichetta tranciante di “sinistra militarista”. Dell’appellativo si ?® gi?† detto qui, in questa introduzione troppo lunga e che ?® meglio chiud
(lf)
Da Calunnia, Omero Ciai calunnia, qualcosa resterà, su gennarocarotenuto.it.
[...] Alla difesa il Venezuela destina l’1.55% del suo prodotto interno lordo. È un dato perfettamente in media con quello dell’intera America Latina che spende l’1.5%. Può essere definito militarista Chávez?
Al contrario, la sinistra non militarista di Michelle Bachelet (sui falsi contrasti con Lula non vale la pena spendere una riga), spende il 4.1% del PIL. Ciai omette questi dati e travisa la realtà. E la realtà è che la moderata Bachelet, quando era Ministro della difesa ha passato il tempo ad inaugurare sottomarini da guerra, aerei F16 da combattimento, a farsi consegnare centinaia di carrarmati Leopard II di ultima generazione per preparare una guerra contro non si sa bene chi. Preoccupato dal militarista Cile, il governo svizzero ha deciso di non rifornirlo più di armi. Ciai non lo dice. Oltretutto Ciai si sa, non nomina mai l’amico Álvaro Uribe, il presidente colombiano legato a doppio filo ai paramilitari di ultradestra delle AUC, che spende il 3.6% ma ha ricevuto in questi anni più di 3.6 miliardi di dollari in aiuti militari dagli Stati Uniti.
A che gioco gioca Omero Ciai e il quotidiano La Repubblica che gli lascia briglia sciolta? Ingenuo non è. Il militarista Chávez rammoderna il suo esercito, per il quale spende l’1.55% del PIL, acquistando soprattutto dalla Russia e dalla Spagna. La pacifista Bachelet, che spende il 4.1% del PIL compra quasi tutto negli Stati Uniti, ma fa contenti anche tedeschi ed olandesi. Sarà qui la chiave per capire i motivi delle calunnie della Repubblica?
Messaggi
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