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05 - Scritture

L’"arte del nonostante" di Riccardo Bonavita

Con un primo contributo ad una bibliografia degli scritti di Riccardo

martedì 30 maggio 2006, di Matteo Veronesi

Non conoscevo Riccardo Bonavita. O, perlomeno, non lo conoscevo di persona - non conoscevo, di lui, come dice un poeta, la «scialbatura», l’«intonaco che riveste / la nostra umana ventura». Ma ne conoscevo, dagli scritti, e ancor più ho imparato a conoscerne dopo la sua volontaria morte, l’essenza più pura, resistente e durevole, che permane, e permarrà negli anni: quella lucidità intellettuale, quell’acutezza dialettica, quella acuminata e calibrata essenzialità di scrittura, quella misurata e quasi pudica signorilità di dottrina e di cultura (qualità, queste, certo legate anche al grande magistero di Guido Guglielmi), che altri hanno già, con maggior cognizione di causa, ricordato.
Riccardo, che certo rifiutava, con il suo ferreo rigore metodologico, con il suo solido materialismo storico e dialettico, professato con una fermezza e una coerenza che non si può non ammirare, ogni biografismo critico, ogni soggettivismo interpretativo, ogni tentazione di estetizzare, di letteraturizzare la vita come la morte, forse non avrebbe condiviso un’indagine che volesse cercare, nelle sue pagine, oscure avvisaglie o criptate premonizioni della sua sorte oscura, della sua scelta estrema; tanto più che fino all’ultimo (sia che recensisse per «Intersezioni» una imponente monografia sul surrealismo, sia che stendesse per il Mulino il libro sull’Ottocento italiano andato in stampa pochi giorni dopo la sua scomparsa), egli mantenne, anche nell’imminenza del gesto estremo, anche immerso in quella luce ambigua, quasi oltreumana, di una chiarezza spettrale e insostenibile, che avvolge chi ancora dimora nel corpo e nel tempo avendo già deliberato di uscirne, la sua lucidità e il suo rigore, ostinati e indefettibili. Eppure (diceva Sinisgalli che nelle nostre pagine, fra le nostre righe è incisa, per chi sappia vederla, «la data della nostra morte») non si può che restare turbati leggendo, in quel commento ai Paralipomeni di cui gli studiosi di Leopardi non cesseranno

Balthus - La chambre (1952)

di essergli riconoscenti, dell’esitazione angosciosa in cui viene a trovarsi, insieme al poeta, anche il suo interprete alle soglie degli inferi, diviso fra la perdita di ogni preesistente certezza e lo sgomento infinito della catabasi («Noi non possiamo esitare troppo a lungo», scrive, «sulla soglia estrema», sul limitare dei «sotterranei fondi», dei «più ciechi abissi e più profondi»); o, nel seminario sulla poesia della Shoah, dell’ostinata resistenza, dell’inorridito rigetto da cui la coscienza storica ed ermeneutica non può che essere còlta davanti alla ferocia dell’abominio, all’assoluto del male, dinanzi ad «un orrore che è così forte da mettere in discussione la propria aspirazione alla vitalità, il proprio legittimo bisogno di felicità». Allo sgomento, al vuoto, all’angoscia del nulla, Riccardo rispose forse, finché poté, sulle orme del suo Fortini, con la forza dell’utopia: con la «derisa impresa», l’«ironia che resiste», la «contesa che dura». A un dato momento, raggiunta una soglia estrema e insostenibile, l’identità, i fondamenti, i vincoli dell’ideologia non furono più in grado di tenere insieme i frantumi lacerati e feriti della sua mente, della sua esistenza, della sua “coscienza infelice”.
Alcuni, certo non a torto, e con piena cognizione di causa, hanno voluto fare di Riccardo una vittima dell’incertezza legata al precariato intellettuale e delle iniquità, delle clientele, delle baronie che dominano ed inquinano - fatto del resto non ignoto, e difficilmente negabile - l’ambiente accademico. Ma, se volessimo rifarci ad un pensiero filosofico che forse Riccardo non amava, dovremmo dire che un gesto estremo e irrevocabile come il suo non può essere indotto e dettato se non in parte, e in modo occasionale ed inessenziale, da fattori esterni, dalle contingenze estranee che attorniano e assediano le superfici dell’io. Tale gesto è come un’opera che matura lentamente, nel profondo silenzio dei giorni, dei pensieri, delle pene: e che detona ed esplode «al culmine della disperazione» («pe culmile desperarii», diceva Cioran), in quel momento supremo e tremendo in cui una «nebbia nera» penetra le cose, ne confonde i contorni, ne scioglie e ne disgrega la sostanza, il significato, il valore, e a cui la mente reagisce, se non con l’annientamento dell’io, almeno con il pianto, il grido - o con la forma, la scrittura, l’arte, schermi sublimanti e salvifici.
Proprio in quest’ultimo, più profondo senso, il sacrificio di Riccardo Bonavita può essere per tutti noi prezioso, può darci, per uno di quei paradossi essenziali e assoluti, di quelle ironie tragiche e rivelatrici, una lezione di vita. La prospettiva del suicidio, scriveva, appena quattordicenne, Leopardi (egli stesso tentato più volte, nel cuore dell’«infinita vanità del tutto», dalla possibilità, sempre aperta e incombente, di «mutar d’ale»), in una pagina su cui il compianto studioso può aver lungamente e amaramente meditato, sa destare, negli spiriti minati da un’infelicità immedicabile, una «terribile e quasi barbara allegrezza». Quanti di noi - e temo non siano pochi - condividono quella condizione di vuoto, di incertezza, di tanto storica e sociale, quanto, e ancor più, esistenziale, alienazione, che Riccardo dovette giudicare, a un dato punto, non più sostenibile, devono essere capaci di convertire quella «barbara allegrezza», quel disperato e atroce amore per la vita, ancorché strozzata, soffocata, incompiuta, quel narcisismo intellettuale fino a un certo segno ardente e fecondo, ma col tempo tormentoso, logorante, infine esiziale (sottintesi, e insieme annullati, dal gesto suicida), in passione, studio, ricerca, infine scrittura - perché è nelle parole e nelle pagine destinate a restare, a protrarre indefinitamente il breve tratto delle nostre esistenze, che si risolvono e si sostanziano, in definitiva, il nostro cimento e la nostra sofferenza, i nostri fragili entusiasmi e i nostri abbandoni aridi e disincantati.
L’ultima solitudo, come la chiamava Duns Scoto, dell’individualità tragica e sofferente affacciata sull’abisso, proiettata verso il nulla, deve farsi, per noi, pagina bianca o schermo vuoto da imbandire (come per la «festa dell’intelletto» di cui parlava Valéry) di segni, pensieri, bagliori entusiasmanti e salvifici - deve divenire la solitudine popolata, aperta, feconda, della riflessione e dell’espressione, nel senso in cui Montale diceva che «solo gli isolati», in quanto immuni da condizionamenti esteriori, da pressioni aliene, veramente ed autenticamente «parlano» e «comunicano», avvolti dalla loro «cellula di miele».
Scriveva Guglielmi, sulla scorta di Kundera, in uno dei suoi ultimi interventi, che la critica è un’«arte del nonostante», che alla «crisi della critica» si deve rispondere, quasi per una beffarda sfida, «con un di più di critica». Ciò che vale per la critica si può, credo, estendere al pensiero, alla scrittura, all’esistenza stessa. Il nostro “mestiere”, che esercitiamo, o a cui più o meno fondatamente aspiriamo, non è una professione: è piuttosto una condizione esistenziale, una dimensione essenziale di esperienza e di pensiero, a cui dobbiamo - perché valga qualcosa, perché non sia solo abitudinaria e procedurale applicazione di pur utili protocolli, strumenti, metodi, categorie - votarci, se non immolarci. Durare, persistere, ostinatamente, assurdamente, come se tutto - studiare, scrivere, insegnare, vivere - avesse un senso, come se ogni nostro atto o gesto potessero o dovessero, prima o poi, in questa vita o altrove, ricevere, per una sorta di segreta ironia o di celata astuzia, una ricompensa, una giustificazione, uno scopo. Non abbiamo se non l’assurdo, la scommessa, il colpo di dadi. «Voglio morire» - fa dire Nietzsche a Zarathustra nel capitolo Della morte volontaria - «perché voi amici per causa mia amiate di più la terra».



Primo contributo ad una bibliografia degli scritti di Riccardo Bonavita*

1997

199701. [Sulla Marx memorial library], «IBC», 1997, n. 4.

1998

199801. Descrizione di una battaglia. Leopardi e la “querelle” classico-romantica, «Antichi e Moderni», 1998, n. 1.

199802. [Su Leopardi a Bologna], «IBC», 1998, n. 4.

2001

200101. Classicismo sperimentale. La prosa del "Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica" e gli itinerari creativi di Leopardi, «Critica letteraria», 2001, n. 3, pp. 483-524.

200102. L’autenticità è apocrifa. Lingua e stile nel "Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica" di Giacomo Leopardi, «Strumenti critici», maggio 2001, pp. 261-295.

200103. La scuola della gioia. Le “occasioni” leopardiane di Fortini, «L’ospite ingrato», IV, 2001-2002, pp. 317-341.

2002

200201. G. LEOPARDI, Paralipomeni della Batracomiomachia, a cura di M. A. BAZZOCCHI e R. BONAVITA, Carocci, Roma 2002.
http://www.griseldaonline.it/percorsi/archivio/bonavita_print.htm

200202. L’istante decisivo dell’inedito Lukàcs [su Codismo e dialettica], «Il Manifesto - Alias-La talpa libri», 30 marzo 2002, p. 21.

200203. Massimo Lollini, Il vuoto della forma. Scritture, testimonianze, verità, «Intersezioni», XXII, n. 1, aprile 2002, pp. 167-171.

200204. Libri nel campo di battaglia [su Pierre Bourdieu], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 10 maggio 2002, p. 21.

200205. Il partigiano Heidegger. «Banditi» di Pietro Chiodi: classico della resistenza oggi, «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 18 maggio 2002, p. 5.

200206. Il saggista degli anni ’70 [su P. AUSTER, L’arte della fame], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 27 luglio 2002, p. 19.

200207. E Brecht sottrae le foto all’aguzzino, «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 7 settembre 2002, p. 3.

200208. Un caleidoscopio per la rivoluzione [su Walter Benjamin], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», , 28 settembre 2002, p. 19.

200209. Ahi, pungono ancora quei Cani. Franco Fortini e il "caso" Israele nel 1967 (e oggi) [su I cani del Sinai]], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 2 novembre 2002, p. 18.

200210. L’anima e la storia. Struttura delle raccolte poetiche e rapporto con la storia in Franco Fortini, tesi di dottorato in Italianistica, relatore prof. A. Bruni, Università di Firenze, A. a. 2001-2002 (20 febbraio 2003).

200211. R. BONAVITA - G. GASPARINI, Leggere in Borsa, «IBC», n. 4, 10 dicembre 2002.
http://online.ibc.regione.emilia-romagna.it/h3/h3.exe/arivista/t?PUBB=SI;NRECORD=0000001838

2003

200301. La società dei cesellatori di gabbie [racconto], «Carmilla», 2003, n. 5.

200302. Rec. di Giordani Leopardi 1998. Convegno nazionale di studi (Piacenza, Palazzo Farnese 2-4 aprile 1998), a cura di R. TISSONI, , «Giornale storico della letteratura italiana», vol. CLXXX, a. CXX, Fasc. 591, III trimestre 2003, p. 445.

200303 I dolori della lettura e Uno scritto d’occasione, in «Carmilla 4 - Nuova serie».

200304. "Una ingiustizia strana e indecifrabile". Il difficile rientro di Santorre Debenedetti e Attilio Somigliano, «Storia e problemi contemporanei. Violenze e in/giustizie», XXXII (2003), n. 32.

Rist. 200413

200305. R. BONAVITA - I. FABBRI, L’appetito vien classificando, «IBC», 14 marzo 2003.
http://online.ibc.regione.emilia-romagna.it/h3/h3.exe/arivista/t?PUBB=SI;NRECORD=0000001893

200306. Bibliografia di Guido Guglielmi «Moderna», 2003, n. 2, pp. 123-28.

200307. L’alchimista. Guido Guglielmi e la Dialettica, ibidem, pp. 99-115.

200308. Guido Barbujani, docu-drama antirazzista [su Questioni di razza], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 24 maggio 2003, p. 19

200309. Un Mallarmé sulle barricate del Maggio [sugli Écrits politiques di Maurice Blanchot], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 30 giugno 2003, p. 19.

200310. Il potere invisible di Paulhan editore, «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 6 settembre 2003, p. 8.

200311 Pia Fontana, esotismo democratico [su Nessun dio a separarci], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 13 settembre 2003, p. 23.

200312. Del Corso/Pecere: Liberate Tolkien dall’ultradestra, «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 25 ottobre 2003.
http://www.carmillaonline.com/archives/2003/10/000475.html

200313. Grammatica e storia di un’alterità. Stereotipi antiebraici cristiani nella narrativa italiana 1827-1938, in Les racines chrétiennes de l’antisémitisme politique (fin XIXe-Xxe siècle), a cura di C. Brice e G. Miccoli, École Française de Rome, Rome 2003.

2004

200401. La fatica dell’eresia. Franco Fortini, “Il Politecnico” e la Guerra fredda, in La sfida della letteratura. Scrittori e poteri nell’Italia del Novecento, a cura di N. Novello, saggio introduttivo di G. M. Anselmi, Carocci, Roma 2004, pp. 13-152.

200402. L’ebreo in fuga [su B. BLUMENKRANZ, Il cappello a punta], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 31 gennaio 2004, p. 17.

200403. Luisa Ferida testimonial di Salò, «Il Manifesto», 18 marzo 2004.

200404. La memoria fallace del Cavaliere, «Il Manifesto», 3 aprile 2004, p. 13.
http://www.scalve.it/new/archivio10.htm

200405. Stili cognitivi sotto il segno di Brecht [su H. M. ENZENSBERGER, Gli elisir della scienza], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 24 aprile 2004, p. 22.

200405. Prospettive radicali sul mondo [su P. GILROY, The Black Atlantic. L’identità nera ra modernità e doppia coscienza], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 16 maggio 2004, p. 12.

200406. Sangue zingaro contro i razzisti [su, E.CAVATORE, Il seminatore], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 19 Giugno 2004, p. 20.

200407. Mezzo secolo di modernità [intervista ad Ezio Raimondi], «Il Manifesto», 7 luglio 2004, p. 12.
http://www.svbbpt.ch/BcBelO/Articoli/Articoli 2004.htm

200408. La sua prosa dialettica nell’angoscia del secolo [rec.di F. FORTINI, Saggi ed epigrammi, a cura di L. Lenzini ], «Il Manifesto - Alias - La Talpa libri», 17 luglio 2004, p. 18.

200409. Le cannibale, c’est nous, «Elephant & Castle - Laboratorio dell’immaginario», 28 luglio 2004
http://dinamico.unibg.it/cav/elephantandcastle/art_aut.asp?autore=Riccardo%20BONAVITA

200410. Rec. di M. COMETA, R. COGLITORE e F. MAZZARA, Dizionario degli studi culturali, «Studi culturali», dicembre 2004, n. 2, p.424.

200411. Edoardo Sanguineti. «Io è un altro», uno slogan per la lotta al narcisismo (intervista).
http://www.griseldaonline.it/percorsi/sanguineti_seconda.htm

200412. La Shoah e la poesia del ‘900 (seminario).
http://www.storicamente.org/bonavita_shoa.htm

200413. "Una ingiustizia strana e indecifrabile". Il difficile rientro di Santorre Debenedetti e Attilio Momigliano, in Il difficile rientro. Il ritorno dei docenti ebrei nell’Università del dopoguerra, a cura di D. Gagliani, Clueb, Bologna 2004.

2005

200501. L’offesa della razza. Razzismo e antisemitismo nell’Italia Fascista, a cura di R. BONAVITA, G. GABRIELLI, R. ROPA, Patron, Bologna 2005.

200502. R. BONAVITA - G. GABRIELLI - R. ROPA, L’offesa della razza, «IBC», n. 1, 24 marzo 2005.
http://online.ibc.regione.emilia-romagna.it/h3/h3.exe/arivista/t?PUBB=SI;NRECORD=0000002291

200503. Rec. di P. DÈCINA LOMBARDI, Surrealismo. 1919-1969. Ribellione e immaginazione, «Intersezioni. Rivista di storia delle idee», XXV, 3, dicembre 2005, pp. 571-574.

200504. L’Ottocento. Storia della letteratura italiana, a cura di A. Battistini, vol. V), Il Mulino, Bologna 2005.


*Mancano in questa bibliografia gli scritti anteriori al 1997.

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