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11 - Che il gallo canti pure. Ritratti

Movimenti di pensiero. Ifi Amadiume

"Contrastare l’individualismo con la solidarietà delle donne"

mercoledì 19 settembre 2007, di Sara Tagliacozzo

I

Ci si trova a chiedersi,
dov’è la ricerca sulle tradizioni che danno potere alle donne?

(Amina Mama)

Ifi Amadiume, nigeriana della popolazione Igbo, è una delle intellettuali africane ad aver criticato con forza l’etnocentrismo della produzione africanista occidentale, anche femminista. Sociologa di formazione, ha studiato in Gran Bretagna alla fine degli anni settanta, ha lavorato in Germania ed attualmente insegna negli Stati Uniti.
Il periodo passato in Gran Bretagna è stato fondamentale per la formulazione del suo pensiero. La sua tesi di dottorato, pubblicata nel 1987 con il titolo Male Daughters, Female Husbands, è infatti il risultato di un posizionamento molto radicale nei confronti delle rappresentazioni delle donne africane fornite dalla letteratura africanista occidentale (1) . Sostenitrice convinta del principio epistemologico dell’auto-etnografia, Amadiume rivendica l’urgenza politica per le ricercatrici africane in scienze sociali di recuperare una prospettiva “afro-centrata” dei processi culturali e sociali africani, che permetta di valutare diversamente i rapporti fra cultura coloniale, culture

locali, tradizionalismi coloniali e postcoloniali, e favorire così le istanze di resistenza ed emancipazione delle donne africane. Amadiume mostra di condividere la teoria secondo la quale il periodo coloniale avrebbe favorito un processo di emarginazione e limitazione dei poteri delle donne in seguito ad un adeguamento dell’organizzazione delle società africane ad un modello europeo dei rapporti di genere.
Nella sua tesi di dottorato, basata appunto su un’auto-etnografia presso gli Igbo della Nigeria, Amadiume ricostruisce gli effetti che le trasformazioni dell’«ideologia del genere» avrebbero avuto sulla condizione delle donne all’interno dell’organizzazione sociale Igbo. La società indigena sarebbe stata organizzata secondo un principio sessuale binario, rappresentato da un lato dallo mkpuke, dall’altro dallo obi.
Lo mpuke, corrispondente all’unità familiare economicamente autosufficiente di una madre e dei suoi figli, rappresentava l’unità di base di un sistema di potere economico e politico femminile, definito da Amadiume con il termine «ombrello matriarcale». Simbolicamente informato dall’umunne, «spirito della maternità condivisa», base del culto della dea Idemili, tale sistema era socialmente rappresentato dalle «arci-matriarche», leaders delle piazze di mercato e del consiglio delle donne, organo politico precluso agli uomini.
Lo obi, indicante il compound patrilocale di un uomo e delle sue mogli, e la casa spirituale dei suoi antenati, apparteneva, invece, al sistema del lignaggio patrilineare e del potere maschile, rappresentati simbolicamente dall’umunna, «spirito della paternità condivisa». Questa divisione sessuale dell’organizzazione sociale e politica (Nicole-Claude Mathieu userebbe il termine “logica eterosociale”) sarebbe tuttavia stata mediata dal fatto che non esisteva un sistema di corrispondenze rigide fra sesso biologico e sesso sociale. Le donne, argomenta Amadiume, potevano rivestire ruoli maschili ed essere classificate come “maschi” per il potere e l’autorità che esercitavano: per esempio, le primogenite senza fratelli potevano diventare figlie-maschio, e poi donne-marito di un’altra donna. Secondo Amadiume, questa «organizzazione sociale secondo un principio sessuale binario» riconosceva alle donne un campo di autonomia economica, di potere politico e di saperi che costituiva l’orizzonte di affermazione di una cultura della maternità non biologica, bensì sociale e politica.

Non potendo in questa sede restituire la complessità e la ricchezza del lavoro di Amadiume, mi limiterò ad aggiungere pochi altri elementi. Nella ricostruzione storico-sociologica di Amadiume, il periodo coloniale avrebbe portato ad un graduale irrigidimento dell’ideologia di genere, a discapito del sistema di potere matriarcale. Il modello di organizzazione sociale e politica secondo un principio di flessibilità delle corrispondenze fra ruoli di genere e sesso biologico sarebbe dunque stato soppiantato da un graduale irrigidimento dei modelli di genere secondo un’ottica patriarcale.
Nei suoi più recenti lavori, Amadiume si è interrogata sul complesso nodo che ha animato a partire dagli anni settanta il conflitto fra i modelli di solidarietà femminile propri delle culture matriarcali ancora rappresentati in alcuni tipi di iniziazioni femminili africane, e i modelli di emancipazione individuale egemoni fra le generazioni più giovani nelle realtà metropolitane. Partendo da una critica della moderna organizzazione dei rapporti di genere, che attribuirebbe alle donne africane la sola sfera della domesticità e renderebbe eventualmente possibile la rappresentanza politica o l’impegno sociale solo in campi considerati “femminili”, come l’educazione, la sanità, i servizi sociali, il welfare, Amadiume riflette sul valore delle società iniziatiche femminili gestite dalle matriarche, portatrici di culture plurali della responsabilità, ma avversate come antimoderne dalla cultura contemporanea. Nell’analisi compiuta sui modelli di emancipazione individuale giovanile femminile,

Amadiume si interroga sui loro valori di “modernità” e “progresso” giungendo a sostenere:
«Alcuni suggeriscono che il femminismo e le culture tradizionali si escludono reciprocamente, e che le tradizioni africane e la modernità sono in contrapposizione. (...) Sotto le pressioni della globalizzazione capitalista noi dobbiamo invece contrastare l’individualismo con la solidarietà delle donne nella cornice dell’ombrello matriarcale, dei suoi saperi femminili tradizionali e dei suoi sistemi di reti di potere» (2) .

Amadiume assume pertanto una posizione molto radicale rispetto alla realtà delle società africane contemporanee, perché, sebbene fondi il suo pensiero sulla decostruzione della tradizione coloniale e sull’analisi delle aporie presenti nell’ideologia di emancipazione individuale dominante fra le giovani generazioni africane, non sembra risolvere, anzi sembra del tutto ignorare la questione dell’intersezione fra forme di oppressione legate ai rapporti di genere e forme di oppressione legate ai rapporti fra generazioni. Come altri studiosi e studiose hanno dimostrato (3) , il fenomeno dell’inurbamento, della fortuna di un modello di emancipazione individuale e dell’abbandono delle iniziazioni “tradizionali”, siano esse “tradizioni coloniali inventate” o “tradizioni precoloniali avversate”, è strettamente legato, nella storia africana contemporanea, ad un’istanza di liberazione dei giovani e delle giovani da rapporti di dipendenza verso le generazioni più vecchie.


Note

1 - Come osserva Mila Busoni, Amadiume ha la tendenza a raggruppare in un unico discorso essenzialista e razzista la letteratura antropologica africanista di epoca coloniale, quella divulgativa femminista europea (individuata ad esempio negli scritti di Maria Rosa Cutrufelli) e quella antropologica femminista, cfr. Genere, sesso, cultura, cit.
2 - Ifi Amadiume, Bodies and Choices: African Matriarchs and Mammy Water, in Kum-Kum Bhavnani, John Foran, Priya Kurian (a cura di), Feminist Futures, Re-imagining Women, Culture and Development, Zed Books, 2003, pp. 100-102.
3 - Cfr. Alain Marie (a cura di), L’Afrique des individus, Karthala, 1997; Pier Giorgio Solinas (a cura di), La dipendenza. Antropologia delle relazioni di dominio, Argo, 2005; Fabio Viti (a cura di), Antropologia dei rapporti di dipendenza personale, Il Fiorino, 2006.

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