Home > 01 - Benvenuto ai naviganti (due parole su sguardomobile) > Che cos’è sguardomobile

Che cos’è sguardomobile

martedì 8 luglio 2003, di Lorenzo Flabbi

SguardoMobile è un progetto in continuo aggiornamento, uno di quei luoghi che hanno cara la cultura e non se ne vergognano, che hanno cara la democrazia e lo rivendicano, che hanno caro il lato ludico dell’esistenza e talvolta ne approfittano.

Lo spirito che lo anima vorrebbe essere attento ai molteplici aspetti della letteratura e della società, con uno sguardo che non sia esclusivamente quello della propria posizione personale, né della propria appartenenza nazionale, e nemmeno della categoria intellettuale della quale, pur magari indegnamente, ci troviamo comunque a far parte.

Uno sguardo mobile. L’espressione l’abbiamo presa dal primo punto della prima lezione del primo anno del dottorato di letteratura comparata e traduzione del testo letterario dell’università di Siena, tenuta da Antonio Prete nell’auletta del primo piano del labirintico palazzo di via Roma nell’ottobre 2000. Alcuni di noi si sono incontrati in quell’occasione, altri poco più tardi nello stesso contesto, altri ancora sono compagni di strade diverse che già c’erano o che si sono create. Altri si aggiungeranno se il nostro progetto lo meriterà.

Il tentativo è quello di aprire il laboratorio che si è andato formando tra di noi, in via più amicale che professionale, in questi anni.

L’ambizione è quella di incidere almeno un poco nel panorama culturale. Non tanto per il puro gusto di ’dire la nostra’, quanto per partecipare alle numerose energie, e belle, già presenti in Italia e nel mondo e che stanno costruendo una rete di voci e volti e testimonianze che ci fa sentire tutti meno soli quando leggiamo i giornali.

Questo sito nasce da un’esigenza di resistenza che sia al contempo culturale e politica. E anche testimonianza di esistenze; affermazione di principi laici, progressisti, di sinistra. La connotazione in questo senso è chiara, e minima.

Compariamo e traduciamo, anche questo è un segno di civiltà, di un certo tipo di civiltà che tentiamo di perseguire con quello che facciamo, con quella forma anomala di lavoro che è lo studio.

Esistenze, percorsi del pensiero gioiosi e arrabbiati, talvolta indignati, rifiutando l’idea di una verità da imporre; la verità crediamo sia quella che appare e si disvela nel discorso comune, quella che si riconosce nell’altro, quella che emerge nel confronto, quella dello spazio dell’apparenza umana, non quella che meglio si approssima a un’idea platonica. La verità è dell’essere comunitario e si dà nel discorso, e il discorso è il politico; il politico è quel discorso sulla comune ricerca del vero.

Per ora il non-statuto al quale ci non-appelliamo sono le conversazioni che abbiamo fatto. Anche quando parlavamo d’altro.

Messaggi