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07 - L’Italia fuori dallo stivale - Delucidazioni americane

An Army of One

La logica culturale della superpotenza militare americana: alcuni appunti

domenica 2 novembre 2003

"Delucidazioni Americane", più che un diario di bordo è il tentativo di aprire una finestra su alcuni aspetti della vita americana che stanno dietro, dentro o oltre l’insipido quadro proposto dai media. Andrea Righi, da San Diego, California.

Dopo innumerevoli nottate su internet passate a fianco di una fedele cartina geografica della California in cerca di un appartamento, avevo scoperto che il metodo migliore per orientarsi nella planimetria della città di San Diego era quello di localizzare i quartieri a seconda delle disposizioni delle basi militari, e perciò, una volta in volo su un aereo American Airlines (già, proprio quello) mi guardavo attorno con una certa circospezione. E nella penombra della trasvolata alcuni segni emergevano assieme all’odore sintetico dell’aria condizionata. Il primo era un’immagine ricorrente di un filmetto, da poco uscito anche in Italia, dal titolo Anger Treatment. Ad ogni cambio di scena, lo schermo si riempiva di

un’immagine ambigua: un muro di un edificio a più piani, sovrastato da un grande cartellone pubblicitario. Sul cartellone un ufficiale in uniforme e uno slogan: An army Of One.
Il film non parlava di guerre o cose simili, l’immagine doveva essere un semplice elemento coreografico. Un espediente di realismo formale tipico della fiction dunque? Come scoprii in seguito: sovrainterpetavo!
Poco dopo, tra il catalogo degli oggetti duty free e le schede con le procedure di emergenza in caso di disastro, mi imbattevo nel settimanale della compagnia aerea, AmericanWay. E, guarda caso, nella sezione Business campeggiava un titolo che potrei tradurre così: "Operazione Pubblicità Militare". Beth Snyder Bulik, scrittrice e giornalista descriveva nei dettagli la nuova campagna pubblicitaria per l’arruolamento dell’esercito degli Stati Uniti. Oh yes! E lo faceva citando tale operazione come ammirevole esempio di strategia di branding e marketing. Tant’è: per difendere la pace e la democrazia fuori da casa propria, l’esercito ha stanziato una somma pari a circa 200 miliardi di vecchie lire; si possono avere tutti i missili che si vogliono, ma la vecchia cara carne umana serve ancora…
Ma tornando all’articolo. Il punto focale di questa operazione risultava essere proprio lo slogan che appariva in Anger Treatment. Tale slogan, dice la Bulik, nasce da una poesia, redatta durante un fertile brainstorming dei creativi pubblicitari, intitolata appunto An army Of One. Avendo troppo rispetto per l’altissimo livello di tale composizione,

proporrò qui una rozza e perciò infinitamente inferiore traduzione tecnica.

Un Esercito di Uno

Anche se ci sono 1.045.690 soldati come me,
Io sono la mia stessa forza.
Con la tecnologia, con la preparazione, con il supporto,
Ciò che sono è migliore di ciò che ero.
E sarò il primo a dirvi:
la potenza dell’esercito degli Stati Uniti
non risiede nei numeri.
Risiede in me.
Io sono un esercito di uno.
E potete vedere la mia forza.
(1)

Al tempo della stesura del pezzo la Bulik non poteva certo dar conto del sensazionale risultato pubblicitario della campagna: i centomila soldate/i richiesti hanno risposto all’appello. Iscrizioni chiuse, almeno in attesa di un’altra guerra!
Tralasciando l’analisi stilistica, ci si potrebbe interrogare sulla strategia, sui meccanismi comunicativi messi in atto dalla compagna commerciale. Ma sarebbe tempo sprecato. A prima vista, si è realizzato ciò che da tempo era in atto nella produzione immateriale dei nostri tempi. E del resto, se "le imprese, dopo essere passate dalla fase del prodotto a quella della marca, si stanno progressivamente orientando verso un marketing estetico" (2)

che dovrebbe fare la più grande macchina industriale del mondo? Più 45% in investimenti per spese militari sotto la sola amministrazione Bush.
Insomma qui diventa davvero visibile ("...e potete vedere la mia forza") quell’aggiornamento - secondo la logica del moderno marketing (studio del target, valorizzazione del marchio ecc.) - del vecchio modello celebrativo della retorica militare. Il messaggio è: entra nell’esercito, diventa un leader e migliora le tue capacità. I mezzi con cui viene trasmesso sono internet, spazi televisivi e cinematografici, oltre a videogiochi, gadget e a interventi specifici in trasmissioni per teenager quali MTV.

Antonio Gramsci analizzando i generi della letteratura popolare, aggiunse, a proposito del Romanzo d’Avventura, una considerazione straordinariamente attuale in questo senso:

nel mondo moderno la questione si colorisce diversamente che nel passato per ciò che la razionalizzazione coercitiva dell’esistenza colpisce sempre più le classi medie e intellettuali, in una

misura inaudita; ma anche per esse si tratta non di decadenza dell’avventura, ma di troppa avventurosità della vita quotidiana, cioè di troppa precarietà nell’esistenza, unita alla persuasione che contro tale precarietà non c’è modo individuale di arginamento: quindi, si aspira all’avventura "bella" e interessante, perché dovuta alla propria iniziativa libera contro l’avventura "brutta" e rivoltante, perché dovuta alle condizioni imposte da altri e non proposte. (3)

Dunque il compimento dei desideri del soggetto, della sua piena autodeterminazione rispetto al mondo (la consueta avventura) in America oggi ha una sua nuova dimensione militare. E dicendo ’America oggi’ intendo un paese in piena crisi economica, senza reti di protezione, dove nonostante il gran parlare di economia della conoscenza l’istruzione superiore di qualità ha costi spropositati. A meno che non ci si arruoli nell’esercito: una volta concluso il servizio sarà l’esercito stesso a pagare per la tua educazione. Per non parlare del miraggio della cittadinanza per immigrati...
La cosa allarmante è che il dispositivo militare, reso spettacolare dal branding, sta incanalando le comprensibili ansie di affermazione sociale degli strati più poveri della società americana in un progetto che prevede il mantenimento di questa situazione interna di sfruttamento e, all’esterno, la realizzazione di obbiettivi ben noti: il dominio, l’usurpazione. Questo avvitamento culturale e sociale da i brividi.
Mentre scendevo, virando nel vuoto sull’aeroporto di San Diego, pensavo ad alcuni versi di T. S. Eliot:

We think of the key, each in his prison
Thinking of the key, each confirming a prison



Note

1 - Even though there are 1.045.690 Soldier just like me,/ I am my own force./ With technology, with training, with support,/ Who I am has become better than who I was./ And I’ll be the first to tell you,/ The might of the US Army/ doesn’t lie in numbers./ It lies in me./ I am an army of one./ And you can see my strength.
2 - V. CODELUPPI, Lo Spettacolo della Merce, Bompiani, Milano 2000, p. 2.
3 - A. GRAMSCI, Letteratura e Vita Nazionale, Einaudi, Torino, pag. 154.

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