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La collana SguardoMobile
È nata SguardoMobile! Ecco come e perché...
L’annuncio ufficiale di una collana di saggi che vi terrano incollati alla sedia con la forza di un post-it
domenica 5 ottobre 2008, di
È fatta. Nasce SguardoMobile, che differisce da sguardomobile per due motivi. Il primo è che si scrive con la S e la M maiuscole, il secondo è che si tratta di una collana di letteratura comparata e non di un sito internet, e quindi coinvolge carta e non schermi, inchiostro e non pixel, case editrici e non server, librerie e non computer. E così via per gaie antinomie.
Questo l’annuncio. Ora un po’ di storia personale di sguardomobile, con s ed m maiuscole o minuscole a piacere.
Da queste parti si è sempre pensato ad SM come a un “progetto”, parola alonatissima che affermando la propria potenzialità si proietta nella molteplicità futura del possibile. Ma qualcosa che decida di restare indefinitamente allo stadio di progetto potrebe, se lo volesse, assumere posizioni perentorie? E riuscirò un giorno a scrivere senza fare errori di battitura? La seconda questione rimarrà sospesa negli anni, ma alla prima si può rispondere riferendo che secondo Alain Rémond, il generale De Gaulle scrisse da qualche parte: “L’umanità è divisa in due: quelli che credono che l’umanità sia divisa in due, e gli altri”. Nell’incertezza dell’attribuzione, nella controversia che accompagna il fondatore della Quinta repubblica, nel significato stesso dell’aforisma, si condensano la mobilità dei punti di vista e il paradosso insito nella nozione di perentorietà alonata, che qui inventiamo decidendo seduta stante di farvi appello.
Un po’ di storia, si diceva. Quando nella primavera del 2007 il server del sito ha crashato (se ne è dato conto qui cum magna mortificatione), scompigliando le nostre ordinate stanze, bruciando centinaia di immagini e decine di articoli, aggiungendo al danno la beffa di aver sostituito grafemi come questi: #¿±, alle vocali accentate, son cascate braccia come teste durante il Terrore, ma non è questo che conta. La tentazione di traslocare, abbandonare il relitto, c’è stata eccome. Poi abbiamo interrogato la nostra riserva di energie e di entusiasmo. Era necessario non trovarla in rosso per attingervi nel tentativo di ristrutturare casa dopo l’incendio. Le energie son quelle che sono, ma abbiamo visto che l’entusiasmo non mancava, la spia era verde, ed è stato sufficiente, era ciò che contava. Abbiamo allora cominciato a riconsiderare il progetto da capo (ed era giocoforza). Eravamo pronti a esportare Sguardomobile fuori dalla rete. Sì, ma dove?
Prima considerazione. Il sito ha sempre avuto una vocazione di approfondimento, tanto nei temi che nella forma. Questo escludeva l’ipotesi di fondare una rete televisiva nazionale di cultura e letteratura comparata, e ci ha spinto a cercare un esito nel mondo editoriale.
Seconda considerazione. Dice il saggio - forse troppo sovente ma non del tutto a torto - che la critica letteraria non la legge più nessuno. Le librerie sostituiscono gli scaffali una volta dedicati a Pasley o Guglielmi con guide all’omeopatia in otto volumi. Dice, è un segno dei tempi. E allora? Dice, e allora anche chi un tempo pubblicava con Einaudi o Feltrinelli ora trova a malapena spazio con i piccoli editori universitari. Sarà, ma è una bella cosa? Ad ogni modo, critica noi proviamo a farla (ad esempio qui o qui, ma anche qui o qui), e in rete un po’ di lettori li abbiamo trovati. Ci capita pure di riversare online interventi scritti per testate cartacee anche molto diverse tra loro, e non è un esercizio inutile. Saggi come questo o questo, anzi, sono probabilmente più accessibili sugli schermi che non sulla carta delle riviste o dei volumi introvabili che li hanno stampati, e questo non è certo necessario che accada, ma non è nemmeno necessariamente un male: le riviste e le pubblicazioni collettive tradizionali tengono alta la soglia del rigore e creano cultura, la verificano incrociando dati e letture nelle redazioni. Il rilancio in rete contribuisce a renderle reperibile a distanza di anni (potenzialmente ad lib.), a rintracciarne la luce offuscata in archivi distanti.
In università, poi, anche per chi i molti che non cedono alla più assoluta autoreferenzialità, la produzione e circolazione dei testi rischia di seguire esclusivamente tracciati verticali, e ciò nonostante l’assoluta buona volontà degli autori. Questa dei tracciati verticali è una constatazione di massima a proposito di una tendenza che sommariamente si articola così: da studenti si scrivono tesi calibrandole sull’unicum della lettura dei propri relatori, da docenti ci si accorge che gli unici lettori dei propri saggi sono coloro che seguono i propri corsi. Mancano i tracciati diagonali e orizzontali, e allora la trama del tessuto culturale di una società non tiene più. Un esempio, tutto a disdoro personale di chi scrive ma anche indicativo di uno stato di cose che non ci piace. Anni fa un gruppo di studenti e studiosi senesi ha cominciato a lavorare su Leopardi, per poi precisare l’ambito attorno alle Operette morali (e riparleremo della cosa anche su questi pixel). Si sono fatte un po’ di letture incrociate, ognuno ha scelto di affrontare un aspetto preciso con una prospettiva personale e poi si è deciso di organizzare un piccolo convegno invitando relatori esterni in modo da confrontarsi con loro. Poche settimane prima della giornata di studi, parlandone a Bologna, vengo a scoprire per caso che una collega che conosco da tempo aveva pubblicato soltanto pochi anni prima uno studio proprio sulle Operette, studio che per di più affrontava esattamente il tema che avevo fatto mio. L’ho letto, era interessantissimo e senz’altro più completo di quello che avrei potuto scrivere io sull’argomento. Possibile che non ne sapessi nulla? Al di là dell’evidente inadeguatezza della mia precedente ricerca, c’era tutto un gruppo di studiosi che da anni andava studiando le Operette senza essere mai venuto a conoscenza del fatto che, in un ateneo a poche centinaia di chilometri di distanza, una ricercatrice aveva pubblicato un volume che si sarebbe rivelato utilissimo. La morale è che non è vero che i testi di critica circolano solo in ambito universitario. In realtà il più delle volte il contesto è molto più circoscritto: non l’università, che già sarebbe uno splendido luogo di rielaborazione culturale, e nemmeno i singoli atenei, ma addirittura i dipartimenti, i sottodipartimenti, l’occasionale corso semestrale. Ci piace? No. Ma allora la saggistica letteraria ha ancora un senso? Sì. Punto, e non si discute. (Qui la perentorietà perde volontariamente ogni alone.)
Mettiamo insieme le due cose, il sito che si evolve e il desiderio di trovare aria nuova per non far ammuffire percorsi critici degni di sbocciare nella lettura altrui.
Nasce così l’idea della collana SguardoMobile, e ci pare da subito una bella idea. Ci diamo pacche sulle spalle, brindiamo dicendoci “Ma come ci vengono?”, e torniamo alle nostre cose per procacciarci pane e Chateau d’Yquem. Quando ci rimettiamo sul progetto impariamo che all’ombra della saggezza scintilla la lacrima della rassegnazione.
Per fortuna non c’è niente di saggio nel progetto che presentiamo, e così abbiamo trovato il miglior referente dell’universo editoriale che

ci potessimo aspettare. In ascolto, curioso, disponibile, coinvolto, e con un ufficio sull’Arno nella montaliana Costa San Giorgio: la casa editrice Le Lettere capitanata da Nicoletta Pescarolo, un editore che “mantiene il gusto squisitamente soggettivo di fare libri in tutti i sensi belli”. L’ultima frase è tra virgolette perché l’ha già detta Andrea Cortellessa un giorno a Bologna e la si trova pubblicata sul numero 35 (ottobre 2007) de il verri dedicato alla bibliodiversità, e perché Andrea Cortellessa per lo stesso editore cura la collana di italianistica fuoriformato. Una collana che si presenta con parole che, come le belle canzoni, avremmo voluto scrivere noi:
Non è tempo d’avanguardie. Le quali abbisognano, si sa, d’una certa temperatura della storia: mentre il nostro microclima – specie narrativo – appare precotto e predigerito. Fuoriformato non crede di poter capovolgere questa situazione. Crede però che uno spazio permanga per la scrittura: non formattata, non sagomata secondo stampi precostituiti. Fuoriformato si apre a testi irriducibili a convenzioni di genere, impaginazione, stile.
Noi di parole ne abbiamo scritte altre. Per l’occasione ci siamo trovati in tre (1 2 e 3), dibattendo per una settimana sulle inezie piu’ infime, un po’ per puro gusto della dispersione e un po’ perché ogni volta che si riesce a spostare una virgola su una casa piu’ potente dello scacchiere sintattico il mondo diventa, infinitesimalmente, un posto migliore. A imperitura testimonianza dell’estenuante dibattimento e per i cultori del genere, il file scaricabile qui di fianco è lo scartafaccio originale contenente tutte le versioni mediane che ci hanno portato a quella definitiva.
Ecco, infine, che cosa compare sull’aletta sinistra della copertina dei libri della collana, cioè: ecco SguardoMobile in 506 caratteri spazi inclusi:
SguardoMobile è una collana di letteratura comparata che legge il mondo come l’occhio la pagina scritta. Non fissandolo, ma percorrendolo. Vedute grandangolari e osservazioni a pochi millimetri dal testo attraversate da una chiara tensione linguistica, in continuità con la poetica del sito www.sguardomobile.it che da anni anima il dibattito culturale in rete. Il progetto editoriale di una comunità di donne e uomini di lettere con l’ambizione di contribuire al dialogo tra studiosi, lettori e scrittori.
In tutto ciò di Antonio Prete potremmo dire che sarebbe il nostro padre nobile, se non fosse che l’espressione ha un che di pomposo che mal si confà ai suoi occhi aguzzi. Diciamo allora che è un modello di profondità e mobilità dello sguardo, oltre che il nostro nobile condirettore.
La storia è finita. Ora è fatta, escono i primi due volumi. La collana è nata, alonata, perentoria.