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03 - Traduzioni - Letterature

Tristan Corbière: Parigi (e altro)

mercoledì 9 luglio 2003

Sei sonetti e una canzone disperanzosa dagli Amori Gialli di Tristan Corbière.

Traduzione e commento introduttivo di Giulio Braccini.

Tristano Corbière, poeta maledetto, bastardo di genitori non solo legittimi ma addirittura legittimisti (e siamo verso la Comune), crebbe deforme ed esportò del tutto involontariamente il dibattito nostrano sulla gobba di Leopardi (che forse fa il poeta, o forse ne è fatta): nel suo natio borgo selvaggio lo chiamavano simpaticamente l’Ankou (la Morte) e lui ripagava i villani con burle di dubbio gusto ("rires jaune", risate gialle, amare o magari acide) e scrivendo antipoesie con metri tanto precisi da un punto di vista purissimamente formale quanto sostanzialmente sbilenchi ("ses vers faux furent ses seuls vrais", i suoi versi falsi, stonati, furono gli unici veri). Verlaine lo mise fra i suoi Grandi, Huysmans lo definì incomprensibile e straziante, Laforgue ne deprecò una presunta sciatteria prosodica (che è come dire che Pascoli non sapeva il latino), Papini lo importò in Italia, Palazzeschi lo orecchiò, Bréton lo antologizzò per l’umor nero, Eliot ne trascrisse versi nella Wast Land, Pound lo mise nel suo canone pedagogico, Beckett lo plagiò come Nietzsche con Stirner. Nel suo autoesilio, a Roscoff, venne raggiunto da un sedicente impresario della capitale e dalla sua amante, in vacanza; costei gli concesse parte delle sue grazie e divenne Marcelle, "la rime en ’elle’" degli Amori gialli, mentre lui, seguendoli nel vortice da WC di quella vita parigina, divenne Tristano, il terzo di una coppia.

Nel passaggio (esposto in senso inverso) da para-gauguiniani cristi rancidi a un volenteroso puttanesimo nasce Parigi, il poemetto che presentiamo qua lacerto. Ne mancano due sonetti, la cui musica da ingénus ci è stato, per il momento (e parliamo di anni), impossibile riprodurre. Rifacimenti dalla sua opera se ne possono elaborare con una certa facilità (anzi, si tratta di uno degli sport preferiti dall’estensore della presente nota), traduzioni - mah. Tant’è vero che ci siamo dovuti inventare un novenario giambico che mimi un’endecasillabo troncato (scazonte, zoppicante), facendolo crescere senza ritegno in un più musicale (ma altrettanto anomalo) decasillabo dai reiterati pronomi possessivi nelle terzine del Sonetto IV, e stabilendo lo stesso verso come base della chiusa (Ridi - bravo! - fa’ l’amareggiato). Non basta: se Céline ci ha regalato i suoi auratici (vedi Mari) tre puntini, noi ci siamo dovuti rifare all’altrettanto sospensiva invenzione di un altro Tristano (il figlio di Walter Shandy): il dash - o trattino che dir si voglia - che anche Corbière usa in abbondanza, senza però contarlo metricamente come abbiamo voluto far noi in questa sede. Non segnaleremo tutte le bislacche sinalefi e dialefi al cui stremo ci siamo ridotti, sottolineando solo (e solo qui e ora) che alcuni versi hanno anche preteso l’onore dell’ipermetro, in ogni modo giustificato da se stesso: "Castra l’amore… l’amore - lungaggini!", diceva il nostro (o chi in lui); e per assicurarci uno dei suoi pre-warholiani "Quarti d’ora d’immortalità!" siamo stati disposti ad aggiungere, ai sei sonetti, una canzone disperanzosa nella sua versione settenaria.

A tutto ciò, ben presto, daremo altra forma, lo venderemo a peso d’euro e lo dedicheremo a un nostro mentore d’altri tempi e al puttanesimo che ci seppe insegnare, vergognandoci per il momento di non aver incassato da quest’ozio nemmeno un mozzicone di lapis, che, si sa, "c’est ma lyre".



Tristano Corbière: Parigi

I. Bastardo di Creola e di Bretone

II. Là: vivi a frustate! - passare

IV. Amavo… - Ah, questa non va più!

V. È la bohème, bambino: rinnega

VI. Evohè! E frusta la vena!

VIII. Ridi - bravo! - fa’ l’amareggiato,

Paris I

Bastardo di Creola e di Bretone,
Ci venne anche lui - formicaio
Bazar dove nulla è di pietra,
Dove il sole manca di tono.

-Coraggio!- alla fila… un piantone
Vi pressa alla sbarra - Indietro! -
…Incendio - spento, neanche lustro;
Vuoti o no, ma passan secchioni. -

Là la sua musa fu pulzella
Signorina da marciapiede,
Uno chiede: Che vende quella?

- Nulla - Lei ci restava stupida,
Non sentendo suonare il vuoto
E ascoltando passare il vento…

Paris II

Là: vivi a frustate! - passare
In fiàcchere - in cellulare;
Ripassare - a ritornello,
Superarsi - e trapassare!…

- No, piccolo, proprio alla grande
S’inizia - che semplice trucco -
Povero: oro dappertutto;
Oscuro: un nome che li stenda!…

Alle mescite te lo incolli
E lo insegni a dei pappagalli
Che lo cantino - o lo fischino...

- Musica! - Il paradiso è qui
Dei maometti e delle urì,
Di dèi sponsor che si schiaffeggiano!

Paris III

[…]

Paris IV

Amavo… - Ah, questa non va più!
Ci vogliono soldi: nel monte
Pesca la donna! - La mia amante
Diceva: ’Non ti scorderò…’

…Avevo un’amante laggiù
M’insegue la pallida sua ombra
Fra dei sentori di lillà…
Può darsi che pianga… - E tu canta!

Per te solo, la tua nostalgia,
Le tue notti bianche alla candela…
Tristi versi, tristi la mattina!…

Ma qua: frustati di baccanale!
Ritrucca le tue ciglia arrossate,
E metti la tua aria da puttana!

Paris V

È la bohème, bambino: rinnega
La tua terra e il tuo campanile,
I colli della tua colonica
E i djambée là intorno al fienile.

Canzone già usata e finita
Giovinezza... e son poche ore!…
Toh: (è sempre nuovo) calunnia
I tuoi poveri amori… e l’amore.

Evohè! — Secca la boccia!
Butta il vino, tienti la feccia…
Così — nessuno s’è accorto.

E che un giorno il signore candido
Di te dica - Infetto! Ah splendido! -
…O non dica più nulla, è più corto.

Paris VI

Evohè! E frusta la vena!
Evohè! miseria: Abbagliare!
Ragazza di piacere, a pena
Cedi, a ’sta parola - Venire!

Gira per la quinta malsana:
Ci vanno i mal frutti a muffire,
Muffire - e un quarto d’ora in scena…
- Vedi il palco, e poi morire!

Vai: teatrini, casini, chiese,
Corte dei miracoli e assise:
- Quarti-d’ora d’immortalità!

Appari! è l’apoteosi!!!…
E ti buttano qualche cosa:
- Fiori di carta, e amenità. -

Paris VII

[…]

Paris VIII

Ridi - bravo! - fa’ l’amareggiato,
fa’ la smorfia, Mefisto ’Sbeffeggiami’.
Assenzio! e il tuo labbro giù sbavato…
di’ che tutto ciò ti vien dal cuore.

Fa’ di te la tua opera postuma,
castra l’amore… l’amore - lungaggini!
Il polmone martoriato mastica
dei miasmi di gloria, oh vincitore!

E basta, giusto? vattene - lascia
La tua borsa - ultima bagascia -
Il tuo revolver - ultimo amico…

Buffone di un revolver scarico!
… O resta, e bevi il tuo fondo di vita,
su una tavola sparecchiata…



Tristano Corbière: Bohème sciccosa

E non mi date un trono!
Solo soletto sfrignolo,
Buffo, in salsa giallognola
Di chic e di disdegno.

Che gli stivali tinti
Piovano giù dal cielo,
Con gli ombrelli per giunta…
Vo scalzo io, mi fa un pelo.

- Piatta epoca fasulla
In cui ognuno ha contante
E, inerme pedante,
Non conta un buonannulla!

Babbo, onesto pitocco,
m’ha lasciato due lire:
ciò fatto debitori
per pagarmi pidocchi

Coi cenci, rattoppati,
ciò fatto begli stracci:
dal sole traversati
i buchi son dei raggi

Nel cappello la luna
Brilla attraverso i buchi
Bestia vergine una
Moneta e è cento scudi!

-Nobile!… par di Seghe:
Il nome mal raccattato
Si perde leghe e leghe
Al diavolo del passato!

Il blasone, - poche ciance,
’E, come me, cialtrone:
-Due palle come arance
In campo d’arlecchino.-

Poso in vetrine e spiazzi
dove leggo : - PROIBITO
POSARE L’IMMONDIZIA-
ritto come impiccato.

E mi pianto tranquillo
Dentro al piatto del caso;
Senza guaina, un coltello
In un piatto filoso.

E alzo alta la coscia
A ogni palo che c’è:
forca, pietrone, svizzero,
donna, priapo o re!

Se (rollano i tamburi?)
un servil poliziotto
in guardina mi sbatte
mi sento fiero e libero

E lascio che la vita
Piova senza mollarmi,
Aspettando la voglia
Di dir che mi s’impagli.

-Dormo sotto un cappuccio
Ch’è la cappa dei cieli
La stella palliduccia
M’occhieggia nei fosfeni!…

Oh Musa! grigia o bionda ?…
Io l’amo e non lo so:
Lei… è di tutto il mondo…
Ma - io solo - me la fo!

A me Cosce-di-pollo!
A te! Non sono bello,
Se chiavando t’imbraco
Cruda nel mio mantello!…

Rido come una folle,
Sento male ai capelli,
Quando la ciccia appiccica
Cute lebbra brincelli

Gerusalemme - Ottobre

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