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07 - L’Italia fuori dallo stivale

Con il duce dietro l’angolo

venerdì 11 luglio 2003, di Elena Sciarra

Questo articolo è di Rolf Lautenschlager. E’ apparso su die Tageszeitung del 26.6.2003

La riapertura della vecchia ambasciata italiana in Germania, con tanto di fasci littori, cade nell’era del Berlusconi II. Il progetto di restauro fu avviato nel 1996 durante il governo Dini; nuova è invece la decisione di rendere ’ben visibili a tutti i simboli della nostra storia’, fasci littori inclusi, come dichiarato dall’ambasciatore Fagiolo al giornale di destra Oltreconfine.
Resta il fatto che la parola nostalgia torna a far venire i brividi.
(lf)

Traduzione di Elena Sciarra

Oggi viene riaperta l’ambasciata italiana nel quartiere di Tiergarten: il vecchio look fascista degli anni del nazismo è stato rinfrescato da una mano di vernice rosa. In alcuni punti il passato oscuro è stato nascosto, mancano però un reale confronto con la storia o un contrappunto architettonico.

Oggi Johannes Rau può entrare dall’ingresso principale. Sulla porta c’è scritto "Ambasciata d’Italia". E perché niente vada storto, in occasione della cerimonia per la riapertura della loro rappresentanza a Berlino i romani hanno mandato il presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi, e non Silvio Berlusconi. Quest’ultimo aveva peraltro già elogiato le sculture del palazzo neorinascimentale appena restaurato del periodo di Mussolini. Andiamo sul sicuro.
Del nuovo understatement della monumentale costruzione fascista fa parte anche il fatto che gli italiani, durante la ristrutturazione, abbiano rimosso il graffito, diventato famoso, di un berlinese burlone. Chi voleva entrare nell’edificio, in parte distrutto,

Gli ambasciatori - 1533
di Hans Holbein il Giovane

nel quale erano sistemati dei locali del consolato, doveva passare dall’ingresso laterale. Lì si trovava la scritta, in grandi lettere bianche: "Duce, suonare due volte". Davvero infastiditi i membri dell’ambasciata non devono esserlo stati. Per decenni l’ironico commento ha decorato il pretenzioso monumento. Forse, ha commentato recentemente un mordace critico di Berlusconi, sarebbe più appropriato oggi di prima - un’amara testimonianza che rispecchia l’attuale governo italiano.

Forse è un segno della storia che l’ambasciata italiana sia stata riaperta proprio sotto Berlusconi. Dopo un periodo pluriennale di ristrutturazione e un costo di circa 100 milioni di Euro, le due ali dell’edificio, con il suo alto basamento e i suoi due piani, sono di nuovo tornate alla cifra architettonica del tempo della loro edificazione. La struttura e la facciata sono state ricostruite seguendo fedelmente l’originale. L’aspetto da fortezza del palazzo, il portico sovradimensionato e le decorazioni sono state rimodernate. Come in tempo di guerra, l’edificio è verniciato di rosa e all’interno è decorato con fregi e fontane. Solo osservando attentamente si può notare che i restauratori hanno documentato le contaminazioni della storia, la distruzione e il crollo della costruzione nazista. Sono state infatti lasciati i segni delle bombe e i fori di proiettile sulle cornici di pietra delle finestre e nel cortile. "Ovviamente non modificheremo la struttura storica con delle aggiunte, visto che l’edificio e il cortile interno sono tutelati come monumento nazionale", così Paolo Faiola, console generale italiano, ha motivato nel 1999 la decisione di non abbattere il "monumento fascista", ma di lasciar dominare, dal punto di vista architettonico, la nostalgia. Era ormai molto che in Italia non si parlava di nostalgia. Per 50 anni le rovine dell’ambasciata hanno dormito il sonno della bella addormentata tra Tiergartenstrasse e Hildebrandstrasse, in parte distrutte, in parte sistemate provvisoriamente. Mentre le ambasciate di Giappone, Estonia o Norvegia, ugualmente edificate nel periodo nazista, erano state restaurate poco dopo la caduta del muro, e quelle di India e Austria costruite ex novo nelle vicinanze, il palazzo neorinascimentale a forma di U, già tanto sovraccarico nello stile, non era stato toccato.
Senza preoccuparsi, gli italiani lasciarono che i pezzi delle bombe si incuneassero sempre più profondamente nelle mura dell’ala est. L’entrata principale crollò, e così i locali interni. L’intonaco si sgretolò dalle pareti nel cortile a sud, ugualmente decorato da colonne, dove si trovava il loggiato. Con disinvoltura si tollerò il "Duce, suonare due volte", e così le storie sul vecchio ambasciatore Anfuso che nel ricovero antiaereo, sotto la gragnola di bombe, sorseggiava champagne.
Il motivo era chiaro, si trattava dell’eredità fascista. Alla fine degli anni ’30 Hitler aveva trasferito dei terreni nel quartiere delle ambasciate ai suoi alleati e compagni di guerra, tra cui Spagna, Giappone e Italia. Dell’urbanistica era responsabile Albert Speer, architetto dell’ambasciata italiana era il suo collaboratore Friedrich Hetzelt, che costruì l’edificio "nello spirito architettonico delle costruzioni che rappresentassero degnamente la nuova Berlino". L’idea "Germania" faceva capolino. Nacque così la monumentale ambasciata-fortezza di Mussolini, prestiti rinascimentali inclusi.
In ogni modo, la costruzione cerca di mantenere le distanze rispetto al suo passato oscuro. Secondo i progetti dell’architetto romano Vittorio De Feo, la struttura dei locali utili è stata "ampiamente" modernizzata. Tuttavia a De Feo deve essere piaciuto il rimprovero di essere andato troppo lontano. Entrando nell’ingresso classicamente stilizzato, ci si aspetta quasi che il duce svolti l’angolo da un momento all’altro. Inoltre si viene messi di fronte a due fasci littori di marmo, che divennero i simboli del partito fascista.
Rau e Ciampi, che inaugurano la nuova-vecchia ambasciata, possono avere qualcosa su cui riflettere. Avrebbe fatto bene alla costruzione se anche questo qualcosa si fosse potuto vedere.

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